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In questo articolo spiego perché ritengo il coaching aziendale uno strumento imprescindibile per le aziende che vogliono essere e restare competitive nei mercati moderni. In questo momento storico la maggior parte delle aziende sono guidate da manager che appartengono alla cosiddetta generazione X ovvero i nati tra il 1965 e il 1980 (dai 40 ai 55 anni nel 2020). Questa generazione ha vissuto la crescita e il benessere degli anni Ottanta e Novanta, un periodo economico dove tutto sembrava possibile. I valori guida di questa generazione sono il successo e il profitto, uno stile di vita caratterizzato da una forte competitività, una concezione dell’economia come continua gara per accaparrarsi le risorse migliori.
Oggi vi sono però alcuni dipendenti, soprattutto i più giovani, che vogliono e ricercano un lavoro che abbia un valore, che dia un significato profondo e uno scopo elevato a quello che fanno. Questi dipendenti più giovani sono i Millennials ovvero coloro che fanno parte della generazione Y, nati tra il 1981 e il 1996 (dai 24 ai 39 anni nel 2020). Di seguito ti spiegherò meglio le caratteristiche di questa generazione; per il momento ti basti sapere che cambio generazionale che coinvolge la generazione X e la generazione Y sta creando enormi problemi alle aziende.
Le aziende che operano nel mercato devono prendere atto che “arricchire il più possibile gli azionisti” non è visto dai loro collaboratori come uno scopo significativo per cui valga la pena lottare. In questo momento storico le aziende sono costrette a riconsiderare con più attenzione i propri valori, i propri principi etici e i bisogni di tutte le persone coinvolte: in primis i dipendenti, ma anche i clienti, la comunità e l’ambiente. Se si vuole evitare che i dipendenti più giovani – che sono i più maturi in termini Maslowiani – provino disinteresse e disaffezione per le aziende, i cambiamenti devono avvenire al più presto, a partire dagli stili di leadership.
Prima di procedere con l’analisi delle caratteristiche che contraddistinguono questa generazione occorre fare una piccola ma essenziale premessa: non esiste una scienza esatta se si parla di “catalogare” le generazioni e i membri che ne fanno parte. Sarebbe folle ritenere qualcuno un millennial solo se in possesso di determinate caratteristiche. Quella qui elaborata è quindi solo una generalizzazione senza alcuna pretesa esaustiva. Partiamo dalle cifre, dai numeri e dalle statistiche perché credo che sia un sempre valido approccio per comprendere meglio le dinamiche culturali e comportamentali di un gruppo sociale.
Come già visto, oggi i Millennials hanno un’età compresa tra i 24 e i 39 anni.
Il 40% di loro è genitore ma solo poco più del 35% possiede una casa.
Il 21% afferma di aver cambiato lavoro nell’anno passato.
Il quadro che emerge da queste prime cifre è quello di una generazione che, sebbene proiettata verso “l’età adulta” e tutto ciò che comporta (matrimonio, lavoro, costruzione di un’autonomia finanziaria e di una identità familiare) si trova davanti numerosi ostacoli che la rallentano, la frenano nel cammino della vita. I Millennials riflettono questa contraddizione, questo contrasto tra aspettative e realtà, anche nei loro tratti caratteriali. Di loro si è soliti dire che siano la generazione cresciuta seguendo il mantra “segui i tuoi sogni” oppure “tu sei speciale”, salvo poi ritrovarsi immersi in una realtà che trascura il valore dell’individuo e lascia poco spazio per la realizzazione delle aspirazioni personali. Una generazione di narcisisti cresciuti nel benessere degli anni Novanta e oggi “costretti a fare i grandi”, in piena crisi del nuovo secolo. Non è sorprendente che patiscano uno sfasamento tra desideri e realtà.
Quali sono i tratti caratteristici del loro comportamento e della loro personalità?
a. Multitasking
I Millennials cercano di fare più cose contemporaneamente, soprattutto perché non hanno abbastanza tempo durante la giornata per riuscire a fare tutto. Questo, che certamente può avere aspetti vantaggiosi, ha però un risvolto negativo: i Millennials sono spesso distratti e si perdono dietro i numerosi input che ricevono incessantemente, in particolare dai social media.
b. Self confidence
Nonostante le difficili contingenze economiche nelle quali si trovano a vivere, i Millennials credono in loro stessi e quando hanno uno scopo da raggiungere sono determinati. Sono chiamati “sognatori”, ma la cognizione che i Millennials hanno di loro stessi è differente: si definiscono ambiziosi e non idealisti; temerari e non arroganti; credono nelle loro capacità ma non pensano di essere superbi.
Sono indipendenti, o almeno ci provano. Sono cresciuti con la crisi economica degli anni Duemila ma sono convinti di poter raggiungere l’indipendenza economica con il duro lavoro,
c. Flessibilità
I Millennials si adattano facilmente alle diverse contingenze della vita. Sono flessibili perché convinti che questa loro elasticità sia l’unica chiave per una crescita personale. Per loro la vita è un continuo mutamento, un processo evolutivo dove il percorso scolastico è solo l’inizio di un lungo iter di apprendimento e perciò sono continuamente alla ricerca di opportunità per imparare cose nuove, come corsi online ed eLearning platforms.
d. Bisogno di riconoscimento
I Millennials hanno bisogno di riconoscimento, di feedback. La necessità di una continua formazione e la ricerca di nuovi orizzonti del sapere, per loro, non deve cadere nel nulla. Abbiamo già detto che in loro è presente una forte componente narcisistica (derivata il più delle volte dall’educazione dei genitori): questo non fa che rafforzare il bisogno di avere qualcuno, una sorta di guida o maestro, che riconosca il loro lavoro e li gratifichi con apprezzamenti e complimenti. Anche a causa di quest’ultimo tratto, i Millennials sono stati spesso definiti come una generazione di impazienti.
e. Coraggio
“Non si perde mai. O si vince o si impara”, diceva Nelson Mandela. I Millennials non hanno paura di niente: c’è solo un pizzico di esagerazione in questa asserzione, che tuttavia si spiega con il fatto che, proprio perché riconoscono la vita come un continuo percorso di apprendimento, per loro ogni errore non è altro che un’occasione per conoscersi meglio, per crescere, per affinare le proprie capacità. A dire il vero in questo tratto c’è anche una componente di de responsabilizzazione: spesso i Millennials corrono rischi perché sanno – o sperano – che qualcuno poi li toglierà dai guai. Tuttavia, al di là di questa componente di cui tener conto, c’è da dire che offrire la possibilità di sbagliare è senz’altro uno strumento che può aiutarli ad assumere responsabilità e crescere.
f. Problem solving
I Millennials affrontano la vita come un susseguirsi di ostacoli da affrontare e superare. Sono persone dalla mentalità aperta, cittadini del mondo, perfettamente consapevoli che le loro idee e i loro convincimenti non sono universali ma hanno dei limiti. Per questo molti di loro vogliono lavorare per ampliare le proprie prospettive. Da qui deriva il punto seguente.
g. Spirito d’avventura
I Millennials sono avventurosi. Muoiono dalla voglia di esplorare il mondo, le differenti culture e linguaggi. Anche per spiegare questo tratto possiamo considerare un dato sociologico rilevante: i Millennials sono cresciuti con Internet e hanno vissuto da protagonisti la nascita e la diffusione dei social network, due fenomeni che hanno favorito l’abbattimento delle barriere culturali. Il loro mondo è un mondo senza confini, senza limiti alla circolazione di persone, prodotti e soprattutto idee.
h. Collaborazione
I Millennials sono collaborativi. Una delle domande che, sempre più spesso si sentono porre ai colloqui di lavoro è se siano in grado di lavorare con gli altri. Probabilmente nel loro intimo sorridono e forse giudicano un po’ “strana quella domanda da manuale del selezionatore: fin dalla più tenera età sono cresciuti in un sistema scolastico che li ha educati a lavorare in gruppo e a interagire collaborativamente con gli altri.
i. Progresso
I Millennials sono progressisti, abbracciano l’innovazione, le nuove idee e le tendenze più recenti.
l. Responsabilità sociale
I Millennials sono coscienti e responsabili nei confronti della collettività. Hanno imparato ad accettare e ad abbracciare la diversità etnica, religiosa e di genere e pretendono, anche a livello economico, che le aziende tutelino i diritti tanto dei lavoratori quanto dei clienti.
m. Trasparenza
Ho detto sopra che una loro necessità è quella di avere un feedback, ad esempio sul posto di lavoro da parte dei loro manager. È importante che l’azienda comunichi in maniera chiara, che dica loro quando fanno bene oppure quando sbagliano e possibilmente perché hanno fatto bene e perché hanno sbagliato.
n. Generazione digitale
Molti Millenials concepiscono il lavoro esclusivamente come digitale. Non è un caso che i giovani imprenditori italiani abbiano fondato 1.200 startup, la maggior parte delle quali opera proprio nel ramo “digital”.
Queste caratteristiche le ho estratte da una ricerca pubblicata da Popeconomy (https://www.popeconomy.tv/video/millennials-e-generazione-z ) e mentre la leggevo continuavo a chiedermi: “Come può un Millennial integrarsi al meglio in una struttura come un’azienda? E ammesso che si integri, sarà un dipendente felice?”. Per qualche giorno mi sono posto queste domande, cercando di capire quale programma di Coaching o formazione fosse più adatto per agevolare l’inserimento di questi giovani elementi. A un tratto ho capito che forse avrei dovuto pormi una domanda diversa: “Come devono cambiare le aziende per adeguarsi alle nuove generazioni?”. Meglio ancora: “Come dovrebbe cambiare lo stile di leadership in azienda considerando queste nuove generazioni?”.
Mentre i Millennials vogliono e pretendono questo cambiamento nella leadership, i leader non hanno la minima idea di come implementarlo. Oggi nella maggior parte delle aziende lo sviluppo dei dipendenti ha la priorità più bassa tra i quattro criteri che impongono cambiamenti nello stile di leadership. In cima alla lista troviamo il senso di pressante urgenza seguito dalla paura, poi viene la qualità del lavoro o del prodotto e per ultimo lo sviluppo dei dipendenti. La mancanza di tempo e la paura eccessiva generano uno stile di comando e controllo, mentre la qualità del lavoro e il bisogno di sviluppo necessitano del Coaching. Non mi sorprende quindi che il Coaching venga messo in ombra da soluzioni a breve termine dettate dall’urgenza di produrre fatturato. Attenzione però, perché il cambiamento e le aspettative dei giovani dipendenti sono un campanello d’allarme che le aziende non possono più ignorare.
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